La Poetica dell’Incontro in Biodanza

L’Incontro con l’Altro come specchio di noi stessi


“Là fuori, oltre a ciò che è giusto e a ciò che è sbagliato, esiste un campo immenso. Ci incontreremo lì.” RUMI

Che cosa succede quando incontriamo l’Altro?

Come viviamo l’incontro?

Quanto siamo disponibili a celarci all’Altro e a conoscerl*?

Incontriamo gli Altri di continuo nell’arco di una giornata: il partner, i figli, i genitori, gli amici, i colleghi, i vicini di casa e qual’è la nostra presenza nell’Incontro? La responsabilità del nostro esserci?

Sicuramente la qualità dell’Incontro è condizionata da vari fattori: il grado di conoscenza che abbiamo della persona che incontriamo, la nostra cultura famigliare, le nostre esperienze personali, i nostri pregiudizi…in fondo siamo esseri umani!

La relazione con l’Altro è alla base del nostro stesso essere, noi nasciamo già in relazione con nostra madre e da quel momento “l’Altro” è completamento della nostra identità.
Ma quanto laborioso e complesso è il processo che ci spinge ad integrare nel nostro mondo “l’Altro da noi” e ad accoglierne la diversità?
Forse perché significa riconoscere parti di noi stessi “scomode” ma tuttavia presenti!
Forse perché la relazione con l’altro ci indica con estrema precisione lo stato del relazionarci a noi stessi?
Forse perchè andiamo con “il pilota automatico” che ci porta a generalizzare, rischiando di giudicare gli altri superficialmente!

Tutte queste riflessioni raccontano parte della mia storia, fin quando,10 anni fa, ho conosciuto un posto che mi ha insegnato e mi insegna ogni giorno, il valore dell’Incontro: la sala di Biodanza!

La Biodanza è stata definita dal suo creatore Rolando Toro Araneda (educatore, psicologo, antropologo e poeta) “La Poetica dell’Incontro” proprio perchè fa dell’Incontro con l’Altro un momento fondante della conoscenza di sé.

Da quel novembre 2015 in cui ho incontrato la Biodanza, ho “esportato” nella mia vita la qualità dell’esserci nell’incontro con attenzione e curiosità nello scoprire la diversità del “non me”.

Che non è accettare passivamente tutto dall’Altro ma pormi con una sensibilità ed una ricettività fatta di inclusione, sia nelle affinità che nelle diversità.

Per me è stato un passaggio importante attraverso il quale riscoprire la mia autenticità senza paura di essere giudicata, nel rispetto delle persone che incontro e nell’accettazione anche del riserbo che possono avere nei miei confronti.
Pormi in un’ottica di non giudizio verso l’esterno, mi ha aiutata a ridimensionare il giudizio che emetto verso me stessa, dando il via ad un circolo virtuoso di responsabilità dell’esserci nella relazione.
E questo mi permette di andare verso l’Altro con spontaneità e un’apertura di cuore che è fiducia, accoglienza ed empatia.

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